
Non sarà forse una sentenza storica, ma sicuramente utile per riportare un pò di verità, quella pronunciata in questi giorni dalla Cortedi Appello di Genova che ha dichiarato responsabili civilmente tutti i 44 imputati del processo per le violenze nella caserma-carcere della Polizia di BOLZANETO durante il G8 del luglio2001.

La sentenza di secondo grado ha completamente ribaltato il verdetto di primo grado, condannando al risarcimento del danno anche gli imputati che erano stati assolti dal Tribunale. In primo grado le condanne erano state solo 15. Dunque le violenze, i soprusi e le sevizie perpetrate dalle Forze dell'Ordine sono realmente avvenute. E anche se i reati sono stati dichiarati prescritti, i poliziotti, gli agenti della polizia Penitenziaria e anche i medici sono stati dichiarati responsabili civilmente, e dovranno pagare, non con anni di galera ma con denaro. Prescritti ma colpevoli

L’importanza della sentenza, che riconosce che a Bolzaneto vi furono «gravi violazioni dei diritti umani» è stata sottolineata anche da Amnesty International: «La mancanza nel codice Penale italiano del reato di tortura, che l’Italia è obbligata a introdurre dal 1988 - ha commentato il portavoce Riccardo Nouby - ha fatto sì che alla gravità delle azioni commesse non abbiano corrisposto sanzioni altrettanto dure. La previsione del reato di tortura avrebbe impedito la prescrizione. È importante che anche attraverso questa sentenza non vi siano più altre Bolzaneto in Italia».

Tornando a quel fatidico 2001, le persone fermate e arrestate durante le manifestazioni del G8 a Genova avrebbero dovuto essere condotte nella caserma del quartiere genovese di Bolzaneto, che era stata approntata come centro per l'identificazione dei fermati.
Secondo il Rapporto dell'ispettore Montanaro, frutto di un'indagine effettuata pochi giorni dopo il vertice, nei giorni della manifestazione transitarono per la caserma 240 persone (di cui 184 in stato di arresto, 5 in stato di fermo e 14 denunciate in stato di libertà), ma secondo altre testimonianze di agenti gli arresti e le semplici identificazioni furono molte di più, quasi 500.
In numerosi casi, i fermati accusarono il personale delle forze dell'ordine di violenze fisiche e psicologiche, e di mancato rispetto dei diritti legali degli imputati (impossibilità di essere assistiti da un legale o di informare qualcuno del proprio stato di detenzione): gli arrestati raccontarono di essere stati costretti a stare ore in piedi, con le mani alzate, senza avere la possibilità di andare in bagno, cambiare posizione o ricevere cure mediche. Inoltre riferirono di un clima di euforia tra le forze dell'ordine per la possibilità di infierire sui manifestanti, e riportando anche invocazioni a dittatori e ad ideologie dittatoriali di matrice fascista, nazista e razzista e minacce a sfondo sessuale nei confronti di alcune manifestanti.

I pubblici ministeri del processo riferiscono di persone costrette a stare in piedi per ore e ore, fare la posizione del cigno e della ballerina, abbaiare per poi essere insultati con minacce di tipo politico e sessuale, colpiti con schiaffi e colpi alla nuca e anche lo strappo di piercing anche dalle parti intime. Molte le ragazze obbligate a spogliarsi, a fare piroette con commenti brutali da parte di agenti presenti anche in infermeria. Il P.M. Miniati parla dell'infermeria come un luogo di ulteriore vessazione.Secondo la requisitoria dei pubblici ministeri i medici erano consapevoli di quanto stava accadendo, erano in grado di valutare la gravità dei fatti e hanno omesso di intervenire pur potendolo fare, hanno permesso che quel trattamento inumano e degradante continuasse in infermeria aggiungendo che soltanto un criterio prudenziale impedisce di parlare di tortura, certo, alla tortura si è andato molto vicini..

Esistono dettagli e racconti ancora più agghiaccianti e precisi di questa che è una delle pagine più ignobili e vergognose della nostra storia. Unica consolazione: tra indignazione di pochi e indifferenza di troppi, con la recente sentenza riaffiora una preziosa goccia di giustizia.
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