mercoledì 26 maggio 2010

MENO INQUINAMENTO? MENO CONSUMO!

I soliti paladini dello Sviluppo, quelli più inginocchiati davanti al Dio Mercato, continuano a ripeterci che è possibile una crescita economica compatibile con la salvaguardia dell'ambiente, riassunta nel termine ossimorico e fallace della "Sviluppo Sostenibile".
Per inquinare di meno, non bastano le cosiddette "energie alternative",ma attuare una piccola'rivoluzione': consumare e produrre di meno, e quindi mettere in discussione l'attuale modello di sviluppo. Solo così salviamo questo disastrato pianeta e noi stessi
.

A tal proposito un illuminante articolo di MASSIMO FINI uscito su "Il gazzettino" il 14/05/2010: "Contro l’inquinamento l’unica vera soluzione è ridurre i consumi"


Si discuteva l’altra sera a "Porta a porta", con la partecipazione di scienziati, di tecnici, politici e varia umanità, di inquinamento, "effetto serra", buco dell’ozono, polveri sottili, cambiamento del clima. A parte un tale che sosteneva che l’inquinamento per mano umana non esiste (sarebbe colpa delle scorregge delle mucche che emettono gas metano) il dibattito si è focalizzato sul solito scontro fra nuclearisti e fattori delle fonti di energia "pulite", eolica e solare.
Non esistono fonti di energia "pulita" perché tutte, usate massivamente, producono inquinamento, di un tipo o dell’altro.

Anni fa in una regione fra Olanda e Belgio, vastissima pianura battuta dal vento, vennero costruite trecento enormi torri eoliche. Che cosa c’è di più pulito del vento? Gli abitanti della zona ne uscirono quasi pazzi. Erano abituati ad avere davanti a sè uno spazio a perdita d’occhio e ora il loro sguardo era interrotto da quelle torri. E le pale eoliche facevano un rumore infernale giorno e notte.

È curioso non venga mai in mente a nessuno che l’unico modo per arginare l’inquinamento è ridurre i consumi e quindi la produzione e quindi la necessità di fonti di energia sempre più invasiva. Questo è il tabù dei tabù, perché incepperebbe il meccanico "produci, consuma, crepa" su cui si basa il nostro modello di sviluppo che inquina non solo l’ambiente, ma la nostra vita provocando stress, angoscia, nevrosi, depressione, suicidi, raptus omicidi.

Questo meccanismo non deve essere messo in discussione. Ce lo dice anche il modo con cui i governi stanno affrontando l’attuale crisi economica.
Il solito modo, usato con la crisi messicana del ’96, quella delle "piccole tigri" nel ’97, quella dei "subprime" americani del 2007: immettendo nel sistema altro denaro inesistente per drogare il cavallo già dopato perché faccia ancora qualche passo. Nonostante tutti sappiano che un sistema che si basa sulla crescita continua, che esiste in matematica ma non in natura, quando non avrà più la possibilità di espandersi imploderà fatalmente su se stesso. E ci siamo molto vicini.

Con l’enorme quantità di denaro che, nelle sue varie forme, è in circolazione, abbiamo ipotecato il futuro fino a epoche così sideralmente lontane da renderlo inesistente. Quando ci sarà il collasso e il denaro sparirà, la gente delle città, rendendosi conto che non può mangiare l’asfalto, si dirigerà verso le campagne e si assisterà a lotte feroci e sanguinose per il possesso di un po’ di terra, di un campo di patate, di una mucca per quanto scorreggiante. Tatanga Jota, alias Toro Seduto, ci aveva avvertiti alla fine dell’Ottocento: "Quando avranno inquinato l’ultimo fiume, abbattuto l’ultimo albero, preso l’ultimo bisonte, pescato l’ultimo pesce, solo allora si accorgeranno di non poter mangiare il denaro accumulato nelle loro banche", ma possiamo dar retta a un pellerossa, a un "primitivo" noi che possediamo una scienza che va a ravanare nel genoma pretendendo di scoprire l’origine della vita, talmente colmi della nostra "ubris" da non ascoltare non dico

Toro Seduto ma nemmeno Eraclito che nel VI secolo a.C. dice: "Tu non troverai i confini dell’anima, per quanto vada innanzi, tanto profonda è la sua ragione"?
La crescita non è un bene in sè. Anche il tumore è una crescita. di cellule impazzite. L’uomo moderno, in preda al proprio delirio di onnipotenza, è impazzito. E lascerà presto il campo a bestie un po’ più intelligenti.

Massimo Fini

giovedì 13 maggio 2010

QUEL DENARO CREATO DAL NULLA

Posto un illuminante articolo di MASSIMO FINI pubblicato su "Il Fatto Quotidiano"(12 maggio) nel quale espone la propria visione sulla recente crisi greca. Un ulteriore segnale dell'ormai insostenibilità del nostro modello di sviluppo capitalistico industrial-finanziario. Di questo passo saranno scaricate sulle nuove generazioni tutte le storture economiche e sociali di questo sistema, ipotecandone seriamente il futuro.
Nelle poche righe di questo articolo una summa del Fini-pensiero.

"Atene, la Grecia e il denaro fantasma"
Che cosa sono i 110 miliardi che verranno dati alla Grecia per salvarla (80 dai governi dell’Eurozona, 30 dal Fmi) e i 750 approntati dall’Unione europea per creare un maxifondo "anticrisi"? Nel mondo globalizzato tutti i Paesi europei sono indebitati fra di loro e con gli altri Paesi industrializzati che a loro volta sono indebitati con noi. I miliardi dati alla Grecia e quelli del maxifondo "per battere la speculazione" sono una partita di giro.
Si tratta di denaro inesistente, "tossico" non meno dei titoli “tossici”, che serve per drogare ulteriormente il cavallo già dopato perché faccia ancora qualche passo prima di schiattare definitivamente. È da 15 anni che i Paesi industrializzati, di fronte alle crisi che si susseguono a ritmi sempre più incalzanti, si comportano in questo modo: immettendo nel sistema altro denaro inesistente.

Nel 1996 il Messico era sull’orlo della bancarotta: doveva 50 miliardi di dollari ai Paesi industrializzati. Cosa fecero questi? Gli prestarono altri 50 miliardi perché potesse restituire i primi 50. Un’operazione apparentemente assurda, che serviva però a tenere il Messico al gancio del mondo industrializzato che poteva così continuare a vendere ai messicani i propri prodotti. Più o meno alla stessa maniera, con qualche variante, ci si comportò per la crisi delle "piccole tigri" asiatiche nel 1997.

Così si è fatto per il collasso dei subprime americani nell’estate 2007, default che si è poi propagato in Europa e di cui l’attuale crisi è un’ulteriore conseguenza (che cosa sono gli sbalorditivi tre trilioni di dollari comparsi improvvisamente nelle mani del governo di Washington? O ce li avevano prima e allora non si capisce perché non li abbiano usati o è denaro puramente virtuale).
Si tende da parte dei governi e degli economisti al loro servizio a dare la colpa di queste crisi alla "speculazione" e agli "eccessi" del capitalismo finanziario.
È uno scarico di responsabilità, nient’affatto innocente, per eludere il nocciolo duro e vero della questione: è l’intero nostro modello di sviluppo ad essere "tossico". Il capitalismo finanziario non è che la diretta e inevitabile conseguenza, oltre che, in qualche modo, la necessaria precondizione, di quello industriale. Ne seguono le stesse logiche: il profitto, la sua massimizzazione col minimo sforzo e, soprattutto, l’inesausta scommessa sul futuro.
Un futuro ipotecato fino ad epoche così sideralmente lontane da essere inesistente. Come il denaro che lo rappresenta (con un millesimo del denaro circolante attualmente, nelle sue varie forme, si comprano tutti i beni e i servizi del mondo. Il resto cos’è?).

Prendersela col capitalismo finanziario, sottacendo di quello industriale, è come meravigliarsi che avendo inventato la pallottola si sia arrivati al missile.
Noi ci stiamo comportando come un individuo che avendo un debito, per coprirlo, ne fa uno più grosso e poi un altro più grande ancora e così via.
A livello individuale il giochetto dura poco. Per un modello che si pone come planetario le cose vanno più per le lunghe. Ma un sistema che si basa sulle crescite esponenziali, che esistono in matematica, non in natura, quando non avrà più possibilità di espandersi imploderà fatalmente su se stesso.
E ci siamo vicini. Lo dice anche il fatto che, essendo i nostri ormai abbondantemente saturi, siamo alla ricerca disperata di altri mercati, anche se poveri, anche se poverissimi e siamo disposti a bombardare senza pietà i popoli, come quello afghano, che non ci stanno a entrare nel nostro meccanismo.

Il paradosso di questo modello di sviluppo è che avendo puntato tutto sul cavallo dell’economia, marginalizzando ogni altro valore ed esigenza umana, sta fallendo proprio sul piano dell’economia. Spero che ciò apra gli occhi alla gente e la induca, presto, domani, subito, a impiccare al più alto pennone gli idioti e gli impostori che stanno segando il ramo dell’albero su cui siamo seduti.
Ma ci credo poco. Se fossi su un altro albero riderei a crepapelle guardandoli mentre fanno karakiri. Ma sono sullo stesso ramo e mi tocca seguire, impotente, come molti altri miei consimili, la sorte che queste canaglie imbecilli ci stan preparando.

Massimo Fini

lunedì 10 maggio 2010

A proposito dell'ECOSOFIA


L’ECOLOGIA PROFONDA (o Ecosofia) è un movimento filosofico e di pensiero, una visione del mondo a sfondo panteista che richiede un profondo rispetto per tutti gli esseri senzienti (e quindi anche per gli ecosistemi) e per tutte le relazioni che li collegano fra loro e al mondo cosiddetto “inanimato”. Non assegna alla nostra specie un valore distaccato e particolare, ma la considera completamente parte della Natura. Vede la Terra come l’Organismo cui apparteniamo. Il fondatore del movimento in Occidente è stato il filosofo norvegese Arne Naess, che usò il termine per la prima volta in un articolo del 1972 (The shallow and the deep).


Sono caratteristiche dell’Ecologia Profonda:
- una visione sistemica del mondo, una filosofia non-dualista, il riconoscimento della sacralità della Terra e del diritto ad una vita degna per ogni essere senziente;

- la necessità di non spezzettare l’universale, di considerare l’aspetto sistemico-globale e di evitare di cadere nei dualismi tipo mente-materia, Dio-mondo, uomo-natura e simili;

- l’idea che l’intero è più della somma delle sue parti. In una visione olistica si pone l’accento più sulle relazioni che sui singoli componenti.

L’ecologia è il sentimento profondo che ci dice che tutto è collegato, che non possiamo danneggiare una parte senza danneggiare il tutto, che facciamo parte di un unico Organismo (l’Ecosistema, o la Terra) insieme a tutti gli altri esseri viventi-senzienti: il primo valore è il benessere dell’Ecosistema, da cui consegue anche quello dei componenti, e quindi il nostro.

Invece l’ecologia come è intesa dal pensiero generale, detta anche ecologia di superficie, resta completamente antropocentrica e quindi non modifica il sottofondo di pensiero della cultura occidentale: richiede soltanto di diminuire il più possibile gli inquinamenti e salvare alcune aree intatte per il beneficio dell’uomo. Considera la Terra come la casa dell’uomo: in sostanza, tutto può andare avanti come prima, con qualche accorgimento tecnico e qualche depuratore.

Invece le prospettive proposte dall’Ecologia Profonda sono un completo mutamento di paradigma, che porti:

- al sentire consapevolmente la rete che collega qualunque essere o evento;

- all’estinzione del desiderio per i beni materiali;

- all’amore compassionevole verso tutti gli esseri senzienti.
Per far questo è necessario:

- diffondere le basi del nuovo paradigma e mettere in discussione tante idee considerate “evidenti” solo perché respirate fin dalla nascita (competizione, successo, desiderio continuo dei beni materiali, posizione della nostra specie come staccata dalla Natura);

- parlare spesso con grande considerazione e rispetto degli altri esseri senzienti e della sacralità della Terra;
- evidenziare che l’idea fissa dello sviluppo non è “propria della natura umana”, ma è nata in una cultura in un determinato momento della sua storia.

Le idee dell’Ecologia Profonda sono il presupposto filosofico per comprendere il senso di quelle modifiche del pensiero generale che sono in grado di portare, sul piano pratico, prima a una decrescita economica e poi a una situazione stazionaria, quindi a salvare la Terra dai gravissimi pericoli che sta correndo attualmente

L’ecologia profonda – come filosofia di vita – non è nata negli anni Settanta dalle idee di Arne Naess o da qualche movimento di minoranza di oggi.
Da tremila anni in India, e da tempi ancora più lunghi in tante culture animiste, idee ben diverse da quelle che hanno poi foggiato la civiltà occidentale avevano avuto modo di diffondersi nella mente collettiva, come dimostrano questi pensieri, tratti da antichi testi indiani: “Ogni anima va rispettata e per anima si intende ogni ordine, ogni vitalità che la sostanza possa assumere: il vento è un’anima che si imprime nell’aria, il fiume un’anima che prende l’acqua, la fiaccola un’anima nel fuoco, tutto questo non si deve turbare”.
In uno dei sutra si loda chi non reca male al vento perché mostra di conoscere il dolore delle cose viventi e si aggiunge che far danno alla terra è come colpire e mutilare un vivente.

Ancora dall’India:
I fiumi, o caro, scorrono gli orientali verso oriente, gli occidentali verso occidente. Venuti dall’Oceano celeste, essi nell’Oceano tornano e diventano una cosa sola con l’Oceano. Come là giunti non si rammentano di essere questo o quest’altro fiume, proprio così, o caro, i viventi, che sono usciti dall’Essere, non sanno di provenire dall’Essere. Qualunque cosa siano qui sulla Terra - uomo, tigre, leone, lupo, cinghiale, verme, farfalla - essi continuano la loro esistenza come Tat. Qualunque sia questa essenza sottile, tutto l’Universo è costituito di essa, essa è la vera realtà, essa è l’Atman. Essa sei tu, o Svetaketu.
(Chandogya Upanishad, 10° khanda)

L’ecologia profonda è stata definita solo recentemente nell’ambito della cultura occidentale, ma in realtà la sua concezione del mondo era ben nota a tante culture animiste, soprattutto quelle native del continente americano, e in molti aspetti delle culture orientali più diffuse.
Per rendersene conto, basta riportare alcune citazioni di testi o insegnamenti provenienti da alcune di queste culture.
Quindi si tratta di riscoperte o perlomeno di prese di coscienza già presenti in molte parti dell’umanità da decine di migliaia di anni. In tante culture native non c’è quel distacco “metafisico” fra uomo e Natura proprio dell’occidente.
Quindi la percezione delle visioni del mondo delle culture native costituisce un valido aiuto per comprendere e fare proprie le visioni e gli atteggiamenti dell’ecologia profonda. I legami sono stretti ed evidenti.

Dai nativi del Nord-America:
Una persona non dovrebbe mai lasciare tracce così profonde che il vento non le possa cancellare. (insegnamento dell’etnìa Piedineri)
Sai che gli alberi parlano? Sì, parlano l’uno con l’altro e parlano a te, se li stai ad ascoltare. Ma gli uomini bianchi non ascoltano. Non hanno mai pensato che valga la pena di ascoltare noi indiani, e temo che non ascolteranno nemmeno le altre voci della Natura. Io stesso ho imparato molto dagli alberi: talvolta qualcosa sul tempo, talvolta qualcosa sugli animali, talvolta qualcosa sul Grande Spirito.
Tatanga Mani (da: Recheis-Bydlinski, Sai che gli alberi parlano? Il Punto d’Incontro, 1994)

E’ la storia di tutta la vita che è santa e buona da raccontare e di noi che la condividiamo con i quadrupedi e gli alati dell’aria e tutte le cose verdi: perché sono tutti figli di una stessa madre e il loro padre è un unico Spirito. Forse che il cielo non è un padre e la Terra una madre e non sono tutti gli esseri viventi con piedi, con ali e con radici i loro figli?(Alce Nero, dal libro Alce Nero parla di John Neihardt, Bompiani, 1982).


P:S: per onestà il testo è tratto dal sito di TERRANAUTA e i due dipinti sono opera del maestro Orlando Sanpietri.

domenica 9 maggio 2010

'MANGANELLI' di STATO


Dal sito SPINOZA un pò di "humor"....

Roma, ragazzo pestato da numerosi agenti di polizia. Era una delle prove del concorso.

Dopo Roma-Inter, Stefano Gugliotta è stato malmenato perché scambiato per un ultrà. Doveste imbattervi in dei poliziotti, vi conviene specificare subito cosa non siete.

(Io comunque li capisco: ne picchiano talmente tanti che un errore ci puo’ stare)

Durante il pestaggio, qualcuno dai palazzi urlava: “Siete in venti contro uno!”. Immediato l’arrivo dei rinforzi.

Il sofisticato identikit del tifoso ricercato indicava “Uno con la maglietta rossa”. Paperoga già si caga addosso.

Dopo il pestaggio, Gugliotta si è salvato grazie alla tempestiva assenza dei medici.

Un dente rotto, sei punti in testa e segni di numerose manganellate per uno scambio di persona. Pensate se era quello giusto.

Gugliotta è stato scarcerato, ma resta in piedi l’accusa di resistenza a pubblico ufficiale. Cucchi ne uscì pulito

"Io urlavo ma loro continuavano a picchare". Sono le parole di Stefano Gugliotta, il 25enne aggredito e malmenato dalla polizia perché scambiato per un ultrà, a Roma dopo la finale di Coppa Italia Roma-Inter. Preso a schiaffi prima da un poliziotto, poi da 2, poi da una decina che, dopo averlo accerchiato e gonfiato di botte, lo arrestano.

Violenza gratuita, senza aver la possibilità di una replica, da parte di chi E' PAGATO PER PROTEGGERCI E NON PER PICCHIARCI.

Sembra un film già visto e rivisto.

Troppo spesso succede che alcuni esponenti delle forze dell'ordine abusino del loro potere, scavalcando il confine di ciò che è permesso da ciò che non lo è.

Il caso Spaccarotella, quello della scuola Diaz durante il G8 di Genova, il caso di Stefano Cucchi, tanto per ricordare gli eccessi più famosi. Morti e feriti, per un abuso di potere che in alcuni casi non viene perseguito e punito come dovrebbe.



Di fronte a questa ennesima violenza di Stato sono stanco della solita retorica di eroi che rischiano la vita per pochi euro. Non si acquisisce lo status di eroe per il semplice fatto che s'indossa una divisa. Sono le azioni che ti rendono eroe (o criminale), e non il distintivo; anche se la divisa, un pò come il mantello di super man, ti fa sentire onnipotente, intoccabile. Stefano Gugliotta, pestato senza motivo è solo l'ultima di una lunga serie di vittime della polizia.
Vittime della polizia, quel corpo che viene pagato per "garantire democrazia, giustizia e libertà".

La "rigorosa" inchiesta disposta dal capo della poliza Manganelli (ma tu guarda il cognome!) si rivelerà il solito compromesso nel deprecare le responsabilità individuali degli agenti, lasciandoli al loro posto e le sentite scuse per questi “settori deviati” della polizia.

Chi non ricorda la sospensione della democrazia, o meglio l'umiliazione della democrazia nel luglio 2001 durante il G8 di Genova? Come non ricordare l'omertà diffusa tra le forze dell'ordine, inerente a quei fatti. Ricordo la medaglia data a Placanica per aver ucciso un ragazzo. Non dimentico, neanche il global forum di Napoli nel marzo del 2001 con la trappola tesa ai manifestanti a piazza Municipio, e le torture alla caserma Raniero ed i ragazzi prelevati a forza dagli ospedali, compreso due ragazzini che avevano avuto un incidente col motorino.
Cose del genere hanno un nome ben preciso, si chiamano rastrellamenti.
Per esempio il centro sinistra farebbe bene, a non fingere di fare la parte degli indignati, perchè nel marzo 2001 erano loro al governo, seppur ancora per poco.
É stato il centro sinistra a non creare una commissione parlamentare d'inchiesta sui fatti di Genova. E sarebbe altrettanto squallido strumentalizzare questi episodi di cronaca, perchè quando lorsignori potevano fare qualcosa, non lo hanno fatto per paura di perdere consensi.

Un gesto di coraggio ci vorrebbe… Pretendo, anzi ‘vorrei’ che siano previste le aggravanti per i reati commessi dalla poliza; pretendo che il poliziotto che si macchia di qualsiasi reato, fosse anche uno schiaffo dato senza motivo, venga radiato dal corpo. Pretendo che i poliziotti siano chiaramente identificabili sempre, in particolar modo quando sono in assetto antisommossa, voglio che indossino pettorine con numeri identificativi scritti in grande e voglio che questi numeri siano presenti anche sui caschi. Basta con la favola del poliziotto per vocazione, se si entra in polizia o nei carabinieri, è per lo stipendio, per il posto fisso. Non ci sono altri motivi. Senso dello Stato e delle istituzioni, protezione dei cittadini? Ma per favore.

venerdì 7 maggio 2010

Un Paese senz'ANIMA

"Sono convinto che quando gli storici valuteranno l’attuale Italia democratica la considereranno la peggiore della sua pur lunga storia."

Sono parole tratte dal nuovo libro di MASSIMO FINI(Senz’anima, Chiarelettere pagg. 472, euro 15), uno zibaldone di articoli degli ultimi trent’anni (1980-2010).
Una vera e propria storia d’Italia, vista dalla particolarissima prospettiva di Fini. Senz’anima è il nostro Paese, in preda agli aspetti deleteri della modernità.

Un ritratto impietoso,tracciato dalla penna più politicamente scorretta del giornalismo italiano, che mostra un paese privo di principi, di valori condivisi che non siano il Dio Quattrino, inguaribilmente volgare, senza dignità e onore, spietato senza essere virile, femmineo ma non femminile, corrotto, intimamente mafioso, devastato nel suo straordinario paesaggio, naturale, urbano, artistico, che lo ingentiliva insieme alla sua gente.
Una parodia di democrazia sequestrata dai partiti e dai suoi mediocri esponenti che la violentano, la abusano, la stuprano a comodo loro.

L’Italia, negli ultimi trent’anni, è diventata ricca ma ha perso l’anima, sacrificata al mito del progresso e del benessere.
Abbiamo consumato tutto il consumabile, inclusa la nostra umanità.
Ora resta la «disperazione di vivere in una società senza grandezza», preda di «una mediocrità quotidiana fatta di pin, cin, di iban, di carte di credito, di bancomat, in cui domina la figura dell’imprenditore, cioè del mercante, che in tutte le culture e in tutti i tempi, prima dell’avvento della Modernità e della Democrazia, era posto all’ultimo gradino della scala sociale».

In politica, il periodo tra il 1980 e il 2010 è interpretato come una rivoluzione mancata (sull’onda di Mani pulite e dell’ascesa delle prime Leghe) seguita da una restaurazione avvenuta, protagonista della quale è Berlusconi.
La cornice del volume è chiara. A monte, il «nuovo mondo» di Milano Due.
A valle, il successo incontrastabile di re Silvio.
Le vicende di Tangentopoli e dintorni sono centrali, in tutti i sensi.

Ma non bisogna credere che l’antiberlusconismo di Fini affondi le radici nel puro giustizialismo di Travaglio e soci, suoi attuali compagni di strada al Fatto quotidiano.
Infatti Berlusconi è l’emblema, il massimo esponente, la compiuta realizzazione di quel mondo liberale e democratico che Fini condanna come specchietto per le allodole (le allodole, inutile dirlo, saremmo noi cittadini).
Un mondo fondato su oligarchie autoreferenziali anche note come partiti.
Un mondo alienante perché ci costringe a inseguire oggetti che non desideriamo e valori puramente quantitativi che non possono dare la felicità.

venerdì 30 aprile 2010

PETROLIO, che DISASTRO!!!

Ci risiamo. L'ennesimo disastro ambientale causato dall'uomo si è abbattuto sui nostri mari, sul nostro pianeta.
Nei mari del Golfo del Messico, di fronte alla Louisiana, una piattaforma petrolifera che estraeva fino a 8000 barili di greggio al giorno è esplosa.

La piattaforma petrolifera Deep Water Horizon della BP è affondata il 21 aprile dopo una violenta esplosione, seguita da un incendio che ha impegnato la Guardia Costiera per ore. La piattaforma conteneva 2,6 milioni di litri di petrolio e estraeva novantamila litri di greggio al giorno.
Dentro quelle chiazze scure sempre più grandi, sembra quasi sentire impercettibile
le grida degli uccelli, dei pesci, dei cetacei, delle alghe, delle onde del mare, incatramate, soffocate, lentamente uccise dalle tonnellate di petrolio che si stanno riversando in mare.

Ogni giorno che passa sono mille barili di petrolio che si riversano in mare.
Petrolio, petrolio, sempre petrolio. Il petrolio è davvero un materiale infernale. Produce morte e distruzione in ogni sua manifestazione.
Per estrarlo si combattono guerre, si uccidono persone, si distruggono paesi.
Per consumarlo si inquina l'atmosfera, si provocano tumori, si altera il clima.
Per trasportarlo si utilizzano navi le cui misure di sicurezza sono spesso approssimative. E poi ci sono i continui “disastri ambientali”.
Ogni tanto una petroliera si incaglia, una nave affonda.
Questa volta, addirittura, è una piattaforma ad avere avuto un “incidente".


I giornali hanno riportato la notizia solo alcuni giorni dopo il disastro. Forse non l'avevano data prima perché la Bp aveva minimizzato e tranquillizzato tutti... Ma che cos'è questa benedetta BP? Wikipedia ce la presenta così: “La BP plc, originariamente British Petroleum, è una società del Regno Unito operante nell'energia e soprattutto nel petrolio e nel gas naturale, settori in cui è uno dei quattro maggiori attori a livello mondiale (assieme a Royal Dutch Shell, ExxonMobil e Total). La sede è a Londra".

La cara Bp e gli altri tre maggiori attori a livello mondiale sono i killer che da più di un secolo devastano il nostro pianeta.

Ma i mandanti siamo noi.

Ogni volta che accendiamo il motore della nostra auto, che beviamo da una bottiglia di plastica usa e getta, che riscaldiamo la nostra casa con energia proveniente da combustibili fossili. Quasi ogni nostra azione è basata sul consumo di petrolio, o sotto forma di combustibile o di materiale plastico.
Le conseguenze che evitiamo di guardare sono uomini morti in guerre assurde per il petrolio(Iraq?),specie animali uccise dal petrolio, mari inquinati, un clima sempre più alterato e offeso.

Non possiamo certo smettere di utilizzare il petrolio in ogni sua forma da un giorno all'altro. Ma possiamo ridurne drasticamente il consumo. E soprattutto possiamo essere consapevoli. Consapevoli del prezzo che paghiamo per vivere il nostro benessere

martedì 27 aprile 2010

CONTRO la TELEVISIONE

"Spaccare la TV in viale Mazzini"

di MASSIMO FINI (Uscito su "Il Fatto Quotidiano" il 27/04/2010)

Sabato io e il mio gruppo di “Movimento Zero” e de “La Voce del Ribelle” abbiamo organizzato, alle tre del pomeriggio, una manifestazione in viale Mazzini, sede storica della Rai.
Con un furgoncino abbiamo portato una decina di televisori e io, in versione Ursus, con una mazza ferrata ne ho spaccati alcuni mentre i miei compagni, una trentina, inalberavano uno striscione: “Tv, oppio dei popoli”.
Non c’era, nella giornata piovosa, nessuna Tv, né Rai, né Mediaset, né di qualsiasi altro network, a riprendere l’“evento” e questo è comprensibile visto l’oggetto della nostra contestazione.
Ma non c’era nemmeno un cronista di quotidiano.
Le riprese ce le siamo fatte da noi e le manderemo su YouTube.
La sola a darci un po’ di attenzione è stata la polizia, senza intervenire perché gli avevamo chiarito che la nostra manifestazione era pacifica e simbolica.


Simbolica di che? Noi non contestavamo la Rai in particolare – anche se ce ne sarebbero tutti i motivi – ma la Tv in quanto tale, come mezzo.

In Afghanistan il Mullah Omar, quando governava, fece distruggere materialmente tutti gli apparecchi televisivi intuendo che un mezzo del genere finisce per disgregare e distruggere una comunità.
Da noi il processo è durato una cinquantina di anni ma il risultato, alla fine, è stato quello previsto dal Mullah Omar per il suo Paese. La forza della Tv non sta nel fatto che “fa vedere”.
Anche il cinema “fa vedere” ma non ha provocato le devastazioni sociali e culturali della televisione. Al contrario. Perché per andare al cinema bisogna scegliere il film, uscire di casa, recarsi, spesso, in un altro quartiere della città.
Al cinema ci sono altre persone, durante gli intervalli – quando ancora li fanno – e alla fine si ascoltano i commenti degli altri spettatori e magari con qualcuno ci si ferma a discutere del film. È ancora una cosa umana.
La forza della Tv sta nel fatto che è piazzata, “a priori”, nelle nostre case. È ineludibile.

Il suo primo, e forse più grave, effetto, è di separarci dalla vita e dagli altri.
Ci fa vivere di resoconti. Io ritengo che una partita a scopone, al bar di sotto con gli amici, sia umanamente più arricchente di un buon programma televisivo, ammesso che ne esistano.

In secondo luogo la Tv, per sua natura intrinseca, è uno strumento senza profondità. Anche al di là della volontà di chi la fa banalizza qualsiasi cosa. In Tv un rutto di Costanzo, o chi per lui, può distruggere la Critica della ragion pura.
E i risultati li abbiamo sotto gli occhi.

Il processo di deculturizzazione della popolazione italiana (ma il discorso vale per tutto il mondo occidentale) è dovuto a vari fattori ma principalmente alla Tv e alla sua sorella gemella, la Pubblicità, ad essa intrinsecamente collegata, che è il motore di tutto il paranoico sistema del “produci-consuma-crepa”.
La Tv non è un fattore di conoscenza ma di ignoranza, individuale e collettiva, perché, omologante com’è, ci priva della nostra identità culturale e spirituale. Negli anni Cinquanta e Sessanta quando dall’America ci arrivavano certe cose kitsch noi italiani dicevamo, bonariamente, “è un’americanata”.
Oggi accogliamo , come fosse l’ostia consacrata, qualsiasi stronzata che ci viene da Oltreoceano. Perché abbiamo perso la nostra identità.

Scrive Johan Huizinga: “Il contadino, il marinaio, l’artigiano d’una volta nel tesoro delle sue conoscenze pratiche trovava anche lo schema spirituale con cui misurare la vita e il mondo”.
Comunque non c’è da perdersi d’animo.
Ogni strumento tecnologico, applicato alla conoscenza, tanto più è sofisticato tanto meno tiene nel tempo. La pittura è durata migliaia di anni, la stampa qualche secolo, la Tv è in pista da poco più di sessant’anni e sta per essere divorata da Internet che durerà ancora meno. Noi, piccolo manipolo di eversori di “Movimento Zero”, non siamo che degli antesignani. Ignorati come tutti gli antesignani.
Ma il tempo ci darà ragione. Più presto di quanto non si creda.

giovedì 22 aprile 2010

MOVIMENTO ZERO a ROMA contro la TELEVISIONE


Il 24 aprile alle ore 15.00 a Roma MOVIMENTO ZERO manifesterà contro la televisione, davanti alla sede Rai di Viale Giuseppe Mazzini 14.
Sarà presente lo stesso MASSIMO FINI.

Per adesioni e possibilità di trasporti comuni:
gestione.movimentozero@gmail.com
info@movimentozero.org

Nella società contemporanea la Televisione, insieme a sua sorella gemella la Pubblicità, che è il motore di tutto il sistema, ha occupato il centro della nostra vita. La sua forza non sta nella sua tecnica, nel fatto che "fa vedere" (anche il cinema "fa vedere" ma non ha avuto gli effetti devastanti della Tv, anzi per molto tempo è stato un importante strumento culturale), ma nella distribuzione, nell'essere piazzata, a priori, in casa nostra.
Ed è quindi ineludibile.

Ha distrutto quasi ogni forma di vita di relazione proiettandoci (insieme, ultimamente, ad altri media: Internet, Facebook) in un mondo virtuale dove possiamo solo subire. Noi oggi viviamo di resoconti, non più in prima persona.

Il messaggio che veicola è uno solo:il sostegno all'attuale modello di sviluppo(produzione-consumo-produzione)che va bene tanto alla destra che alla sinistra.
Un modello "paranoico" perché non consente all'individuo di raggiungere, mai, un momento di pace, di equilibrio, di armonia, colto un obiettivo deve immediatamente inseguirne un altro e poi un altro ancora, a ciò costretto dall'ineludibile meccanismo che lo sovrasta (produci-consuma-crepa).

Ogni pensiero o idea non in linea con questo modello sono esclusi e ignorati.

Nella Grecia classica erano Platone e Aristotele a dare le categorie etiche e politiche che si trasmettevano agli uomini di governo e quindi, scendendo giù per i rami, alla popolazione.
Nel Medioevo questa funzione fu assunta dalla Scolastica.
In epoca moderna dai grandi filosofi illuministi.
Oggi a dettare le categorie, i costumi, la "way of life", le regole di condotta, oltre che, naturalmente, i consumi, sono i protagonisti dello star-system televisivo.
Al posto di Platone abbiamo Gerry Scotti o Vespa o Santoro o chi per loro.
Oggi la vera classe dirigente non è più quella politica, ma è formata dai conduttori di talk show, dai cantanti, dai calciatori, dalle veline.

In Afghanistan, all'epoca talebana, il Mullah Omar fece distruggere materialmente tutti gli apparecchi televisivi, capendo bene che un simile strumento disgrega e distrugge una società.
È quanto è avvenuto in Italia, sia pur nel corso di mezzo secolo.
Noi siamo convinti che se si farà mai ancora una rivoluzione nel mondo occidentale non sarà contro la classe politica in quanto tale ma contro la Tv.

Distruggendola e liberandosene.

Fonte: www.movimentozero.org

mercoledì 21 aprile 2010

Il regno corrotto dell'imperatore SILVIO


Posto un articolo del giornalista americano ALEXANDER STILLE pubblicato sul quotidiano The New York Review of Books dal titolo "The corrupt Reign of Emperor Silvio".

Un articolo che traccia un resoconto impietoso sugli ultimi due anni del governo Berlusconi e di riflesso su quello che è diventata l'Italia.
Un paese che a mio avviso ha raggiunto il suo livello più basso di degrado politico, morale e culturale.
L'ossessione anti-berlusconiana fine a sè stessa non ha contaminato questo blog, ma l'articolo vuole solo essere un'efficace chiave di lettura per capire come siamo arrivati a tutto questo
.



Nel corso dell’ultimo anno, la vita politica italiana ha finito per assomigliare ad uno strano incrocio tra una telenovela messicana e una descrizione svetoniana degli eccessi imperiali dei Cesari.
Inizialmente ci sono state le rivelazioni sul particolare rapporto tra il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e Noemi Letizia, una ragazza adolescente di Napoli che lo chiamava “Papi”, suscitando speculazioni sul fatto che fosse una figlia illegittima oppure un’amante minorenne. “Vorrei che fosse sua figlia!” Ha commentato Veronica Lario, moglie di Berlusconi; quest’ultima ha chiesto pubblicamente il divorzio, dichiarando di non poter più restare con un uomo che “frequentava minorenni” e “non stava bene”.

Sono seguite le fotografie dei festini con ragazze in topless e politici senza mutande presso la villa del piacere di Berlusconi in Sardegna, che richiamavano immagini di Tiberio a Capri.
Infine, c’è stato il caso delle escort che partecipavano alle feste di Berlusconi al palazzo presidenziale di Roma; molte di loro erano pagate da un uomo d’affari del sud Italia interessato ad ottenere appalti dal governo per la sua azienda di forniture ospedaliere.

Il comportamento bizzarro di Berlusconi ha continuato a riversarsi sui rapporti internazionali, causando una serie di episodi imbarazzanti. Apparentemente geloso del potere della fama di Barack Obama, ha definito il neoeletto presidente americano “alto, bello e abbronzato” e in seguito, spiegando perché non sarebbe stato presente all’insediamento di Obama, ha dichiarato di essere una stella, “non una comparsa”. Dopo aver incontrato Michelle Obama, ha notato che anche lei era abbronzata.

Allo stesso tempo, come un altro spettacolo di questo circo, c’erano i continui problemi legali di Berlusconi, una saga in atto da sedici anni che ha lasciato una lunga scia di prove di corruzione, mazzette e rapporti con la criminalità organizzata. Lo scorso ottobre, la più alta corte italiana ha respinto una legge, proposta dallo stesso Berlusconi, che gli avrebbe garantito l’immunità giudiziaria durante la sua carica. Ciò ha significato che si è ritrovato ancora una volta imputato in un processo in cui il suo ex avvocato inglese, David Mills, era già stato condannato per aver preso una bustarella di 600.000 dollari dall’azienda di Berlusconi per evitare che fosse fatto il nome di quest’ultimo in un’altra serie di indagini di corruzione.

I critici di Berlusconi hanno chiesto le sue dimissioni e, grazie ad Internet, hanno organizzato una protesta di massa a Roma il 5 dicembre chiamata “No Berlusconi Day” che, nonostante l’evidente assenza dei maggiori partiti d’opposizione, ha richiamato circa 350.000 italiani. Berlusconi ha proclamato, esagerando come al solito, che l’Italia era sull’orlo di una guerra civile. E proprio quando tutti pensavano che la situazione non potesse peggiorare, il 13 dicembre un uomo con dei precedenti di instabilità mentale l’ha colpito in viso con una riproduzione in pietra del duomo di Milano durante un comizio politico in città, spaccandogli il naso e due denti.

Nel giro di poche ore, i suoi alleati politici – Maurizio Gasparri e Fabrizio Cicchitto, leader della coalizione di Berlusconi al Senato e in Parlamento – hanno organizzato una feroce offensiva, insistendo sul fatto che mentre l’assalitore del Presidente del Consiglio potesse essere uno psicolabile che agiva da solo, i responsabili “morali” dell’attacco erano i quotidiani, le riviste e i giornalisti che avevano creato un “clima di odio” intorno a Berlusconi. Il “partito dell’odio” avrebbe incluso quei giornalisti che hanno pubblicato notizie maliziose sulla sua vita privata, che hanno criticato i suoi molteplici conflitti d’interesse, che hanno scritto del caso Mills, e hanno segnalato i legami sospetti di Berlusconi con la criminalità organizzata. Tra i colpevoli vi erano anche i 350.000 manifestanti che avevano partecipato al “No Berlusconi Day” e i social network presenti su Internet, che i sostenitori di Berlusconi in Parlamento avevano cercato di regolamentare, senza successo.

Approfittando di un aumento nei consensi, Berlusconi è tornato a lavorare su una nuova legge che avrebbe eliminerebbe immediatamente i due processi in atto contro di lui – il caso Mills e un altro in cui la sua emittente televisiva, Mediaset, viene accusata di avere usato conti offshore per gonfiare i prezzi pagati per i diritti d’autore dei film, truffando così l’erario italiano per milioni di dollari che altrimenti avrebbe dovuto. Per evitare il sospetto che la legge concedesse uno status speciale a Berlusconi, è stata scritta in modo da assolvere molti altri criminali dal colletto bianco e potrebbe cancellare dagli 80.000 ai 100.000 processi. Secondo alcuni conteggi, Berlusconi ha approvato 18 leggi che sembrano essere state scritte ad personam, ma questa volta, né Berlusconi né i suoi alleati fanno alcuna pretesa che ci sia un ampio principio pubblico coinvolto. E’ il governo per e di una persona.

Un politico nella maggior parte degli altri Paesi democratici sarebbe stato annientato da uno qualsiasi di questi scandali, figuriamoci tutti quelli che si sono verificati in sequenza incessante nel giro di pochi mesi, eppure il potere di Berlusconi non è mai stato messo seriamente in discussione. Che cosa possiamo dedurre da questa strana situazione?

Il costante successo di Berlusconi – almeno, se misurato dai numeri delle elezioni – ha bisogno di spiegazioni. Si tratta semplicemente di una bizzarra anomalia italiana in cui uomini macho sessisti, uomini d’affari di successo e truffatori vengono ammirati invece che diffamati? Gli scandali di Berlusconi sono soltanto inezie e pettegolezzi da rotocalchi, una specie di opera buffa in cui i suoi sostenitori continuano a preferire lui ad un centro-sinistra debole, diviso ed incapace?
E’ possibile che la telenovela di Berlusconi contribuisca in realtà al suo fascino, una fusione di politica ed intrattenimento prefigurata da quei programmi televisivi ridicoli, osceni e molto diffusi che sono stati la sua fortuna?
E se gli indici d’ascolto e l’audience avessero sostituito i risultati concreti nel misurare il successo politico?

Berlusconi ha trasformato la vita politica di una nazione importante in una sorta di reality show di cui è la star, il produttore e il proprietario della rete: è il “survivor” supremo, che mentirà e ingannerà per eliminare gli altri dall’isola, ed è allo stesso tempo “il tronista” che distribuisce rose a un gruppo di donne giovani e belle. Considerate che i sondaggi di Berlusconi sono costantemente più favorevoli di quelli di Barack Obama.
Come ha segnalato recentemente The Daily Beast, gli indici d’ascolto e i sondaggi di Obama sono scesi costantemente dopo che la sua legge sul servizio sanitario è stata indebolita e la disoccupazione è rimasta alta: “Il fatto è che aveva 49,5 milioni di ascoltatori durante il suo primo discorso sull’economia. Quando ha parlato del Medicare, ne aveva 24 milioni. Ha perso il proprio pubblico (…) E’ crollato nei sondaggi”. Berlusconi, che ha affrontato scandali pubblici simili a quelli di Tiger Woods e John Edwards, ha mantenuto il suo pubblico.

Berlusconi ha compreso che la politica moderna è una perenne campagna elettorale.
Ai vecchi tempi, un presidente americano effettuava la campagna per sei mesi e governava per tre anni e mezzo. Obama ha seguito questo modello antiquato in maniera un po’ arretrata, lavorando ampiamente dietro le quinte per promuovere la riforma sanitaria ed altre legislazioni, mentre i repubblicani hanno tenuto il palcoscenico, affermando che il piano democratico imponesse “death panels” e la medicina sociale. Berlusconi non avrebbe mai lasciato che questo accadesse.

Diversi nuovi libri – insieme al film documentario Videocracy – sono usciti in Italia e descrivono gli scandali di Berlusconi dell’anno scorso (sia sessuali sia legali); inoltre, offrono qualche interpretazione sulla permanenza di Berlusconi al potere. Ciò che emerge è il fatto che gli scandali a sfondo sessuale sono, in un certo senso, una successione naturale dell’estrema “personalizzazione” del potere da lui incarnata. Berlusconi è salito al potere subito dopo la caduta del muro di Berlino ed il collasso delle ideologie che hanno dominato la politica italiana per buona parte del XX secolo. In Italia, i partiti politici rappresentavano le classi e i maggiori gruppi sociali. Se uno era un operaio, votava PCI; chi faceva il contadino oppure il piccolo commerciante, probabilmente votava DC. I leader politici – e le loro qualità personali – non erano particolarmente importanti.

Durante la guerra fredda, la DC insieme ad altri quattro partiti satellite hanno governato indisturbati per 45 anni allo scopo di tenere i comunisti lontani dal potere. Quando la guerra fredda è finita, la corruzione e l’inefficienza di un governo monopartitico è diventata improvvisamente intollerabile e la coalizione di governo guidata dalla DC è scomparsa da un giorno all’altro, lasciando la maggior parte dell’elettorato senza rappresentanza. Berlusconi ha riempito questo vuoto con straordinaria abilità, comprendendo che il suo impero mediatico – incluse le tre maggiori emittenti televisive private – era la più forte istituzione rimasta in piedi, e che la sua popolarità personale e il riconoscimento del suo nome si sarebbero potuti trasformare in una risorsa politica in un’era in cui la celebrità conta più dell’ideologia. Al posto della formazione sociale ed economica, le preferenze televisive – quali canali vengono guardati e per quanto tempo – sono ora l’indicatore migliore sulle preferenze politiche di un elettore.

Berlusconi ha personalizzato la politica in modo nuovo per l’Italia.
Perfino nelle contese locali in cui non è candidato, il suo volto compare sulla maggior parte dei manifesti elettorali. Ha rotto i confini tradizionali tra privato e pubblico portando in Parlamento persone del proprio entourage personale – vallette televisive, i suoi avvocati, il suo medico, ragionieri e dirigenti delle sue aziende, e frotte di giornalisti e personaggi televisivi: tutti devono quasi tutto a lui. Ha contribuito a cambiare la legge elettorale affinchè gli elettori non potessero scegliere tra i candidati proposti dai partiti.
Non si parla nemmeno di primarie o di elezioni all’interno dei partiti. E’ il segretario di partito a decidere chi candidare e dove.
In questo modo tutti sono al servizio del capo e i politici individuali non possono rivendicare diritti speciali per attirare voti da soli. Sotto Berlusconi, i politici che hanno una base importante di sostegno nella loro regione d’origine sono stati rimpiazzati da personalità con un fascino piuttosto diverso: personaggi famosi della televisione in grado di far salire il profilo del partito, amici e colleghi del segretario di partito – e, sempre più spesso, belle ragazze dalla ridotta formazione politica.

Il film Videocracy – un documentario realizzato dal regista italo-svedese Erik Gandini – mostra come l’introduzione del sesso nella televisione italiana sia stato fondamentale per l’ascesa al potere di Berlusconi sin dall’inizio. La cultura italiana del secondo dopoguerra era piuttosto castigata – dominata dalla Chiesa Cattolica e dall’austero Partito Comunista Italiano. La TV commerciale di Berlusconi, nata negli anni ‘70, ha riempito gli schermi televisivi e le menti di quasi 60 milioni di italiani con una sfilata di giovani donne vestite succintamente o seminude, le cosiddette veline, o showgirl, che comparivano, in silenzio ma sexy, a entrambi i lati del presentatore televisivo. Il film descrive in maniera piuttosto efficace come soltanto comparire in televisione – ed essere trattati persino come un oggetto muto o un giocattolo sessuale – sia diventata l’aspirazione massima per due generazioni di italiani.

Uno dei momenti più significativi nella storia di Noemi Letizia, l’adolescente napoletana il cui ambiguo rapporto con Berlusconi – come viene descitto in Papi: Uno Scandalo Politico dei giornalisti Peter Gomez, Marco Lillo e Marco Travaglio – ha scatenato lo scandalo iniziale, è giunto quando lei ha dichiarato ad un intervistatore: “Ora sogno di fare la show girl” e ancora: “Ma sono anche interessata alla politica. Sono pronta a cogliere qualsiasi opportunità a 360 gradi”. Quando le è stato chiesto se si sarebbe presentata alle elezioni regionali, ha risposto: “Preferisco candidarmi alla Camera. Papi Silvio ci penserà”.
Nel mondo di Noemi Letizia – e di Berlusconi – essere una showgirl e un parlamentare sono semplicemente due modi diversi per farsi strada e diventare famosi.

Alle elezioni politiche del 2008, Berlusconi ha effettivamente portato diverse ex-showgirl in Parlamento. Due di loro sono diventate ministri del governo, una delle pari opportunità, l’altra del turismo. Entrambe erano apparse come vallette nei programmi d’intrattenimento di Berlusconi. Si dice che una serie di conversazioni intercettate durante un’indagine rivelino che Berlusconi abbia avuto dei rapporti sessuali con alcune di queste donne, ma gli inquirenti hanno distrutto molte delle conversazioni di natura “puramente personale” perché non avevano rilevanza nell’inchiesta. Le intercettazioni rese pubbliche mostrano come Berlusconi usi il sistema televisivo pubblico come una specie di “casting couch”, ottenendo audizioni per le mie fanciulle per “sollevare il morale del capo”.
In un’altra occasione, si è dato parecchio da fare per trovare un ruolo da attrice alla ragazza di un senatore del centrosinistra, sperando di riuscire a convincerlo a cambiare partito per rovesciare il governo di Romano Prodi, che era al potere all’epoca.

L’incidente che ha fatto infuriare inizialmente la moglie di Berlusconi, Veronica Lario, è avvenuto nel 2009, quando ha scelto con cura due dozzine di showgirl, molte di loro giovani donne poco più che ventenni, per essere preparate per diventare candidate al Parlamento Europeo. Poche tra di loro avevano esperienze politiche alle spalle. Una di loro aveva fatto la meteorina su una delle reti televisive di Berlusconi. Molte di loro avevano partecipato alle sue feste private.
Ha allestito una scuola con lo scopo di dare loro una prima infarinatura sulla politica europea cosicché non sarebbero state in imbarazzo durante la campagna elettorale. La Lario ha denunciato queste donne come "ciarpame senza pudore (…) figure di vergini che si offrono al drago per rincorrere il successo, la notorietà e il denaro".

Quasi immediatamente, il quotidiano di destra Libero ha pubblicato una foto della Lario in topless presa dal suo passato di attrice, ricordando al pubblico che anche lei era stata una velina a suo tempo. Libero ha anche pubblicato un’informativa anonima e quasi sicuramente falsa in cui si affermava che la Lario avesse una relazione con la guardia del corpo, sostenendo che fosse questo – e non il comportamento del marito – ad aver provocato la spaccatura all’interno della famiglia del Premier. Questo tipo di giornalismo spazzatura a quanto pare non è spiaciuto a Berlusconi. Ha ingaggiato l’editore di Libero, Vittorio Feltri, come editore del quotidiano di proprietà di Berlusconi Il Giornale, in modo che possa condurre nuove campagne di assassinio mediatico contro altri nemici del capo.

La scena descritta dalla accompagnatrice a pagamento Patrizia D’Addario nel suo libro – una ventina di giovani donne vestite pressoché allo stesso modo, tutte in competizione per l’attenzione di Berlusconi, accarezzandolo e coccolandolo mentre lui le accarezza – è per molti versi la realizzazione della stessa fantasia maschile che Berlusconi diffonde da più di trent’anni dalle sue emittenti televisive. “Vuole essere adorato da tutte le donne che sono qui, gli piace essere toccato, accarezzato, da più mani contemporaneamente,” ha scritto nel suo libro “Gradisca, Presidente”.

"Io guardo incuriosita e il mio primo pensiero è che mi trovo in un harem. Lui è il sul divano e noi tutte, siamo venti ragazze, le donne a sua disposizione. Le più giovano facevano a gara a chi gli stava più vicina. Facendo l’escort pensavo di avere visto un bel po’ di cose, ma questa mi mancava, venti donne per un unico uomo. Le orge normalmente prevedono più o meno lo stesso numero di donne e di uomini, altrimenti è difficile distribuire piacere. Qui gli altri uomini non hanno voce in capitolo. C’era un unico maschio con diritto di copula, il Premier".

Per molti versi, forse il momento più significativo nel libro della D’Addario è la chiacchierata avvenuta a colazione la mattina dopo aver trascorso la notte nella residenza del Premier, registrata su un registratore digitale. Berlusconi si vanta di tutti gli incontri internazionali da lui presieduti, un vertice del G8, un vertice del G14, uno del G16: “Sono l’unico al mondo ad aver presieduto due G8 e adesso ne presiederò un terzo. Sono IN-SU-PER-ABILE“.

La D’Addario non capiva molto di quello che stava dicendo. Malgrado la sua palese indifferenza nei confronti della politica, era stata scelta come candidata per il consiglio comunale di Roma all’interno della coalizione guidata da Berlusconi, anche se ha ricevuto pochissimi voti. Decise di non fare la campagna politica – e di rendere pubblica la sua storia – dopo che Berlusconi non ha mantenuto una promessa apparentemente fattale. Non ha mantenuto, scrive la D’Addario, la promessa di aiutarla a finire un progetto edilizio per la costruzione di un piccolo albergo.

Questo scandalo non ha abbattuto Berlusconi, in parte grazie al suo notevole controllo della televisione italiana e della stampa. Il direttore di RAI1 ha annunciato che non avrebbe trasmesso nulla riguardante gli scandali a sfondo sessuale di Berlusconi poiché si trattava di pettegolezzi e non di notizie – una linea che non ha mantenuto quando gli scandali coinvolsero politici di centro-sinistra. In effetti, le emittenti televisive e i quotidiani controllati da Berlusconi sono stati in grado di procurarsi dei contro-scandali nei confronti dei suoi critici. Poco dopo essere stato nominato capo de Il Giornale di Berlusconi e di essersi incontrato personalmente con lui, che in teoria non dovrebbe avere alcun contatto con il quotidiano, Vittorio Feltri ha dispettosamente pubblicato una storia sulla vita sessuale dell’editore del quotidiano cattolico L’Avvenire, Dino Boffo, che aveva osato criticare la condotta privata di Berlusconi.

Feltri ha pubblicato ciò che definisce un dossier in cui rivela che Boffo era stato accusato di molestie nei confronti di una donna che aveva un rapporto con un uomo di cui Boffo s’era innamorato. Boffo è stato costretto a dare le dimissioni anche se la domanda è rimasta: come ha fatto il quotidiano di Berlusconi a ottenere informazioni su quella che avrebbe dovuto essere un’inchiesta riservata della polizia? In modo analogo, Berlusconi ha ricevuto un altro regalo quando la polizia ha fatto e ha diffuso un video di un politico di centro-sinistra, Piero Marrazzo, mentre frequentava una prostituta transessuale brasiliana e sniffava cocaina. Per quanto si trattasse di una storia vera, era anche chiaro che la polizia, agendo dopo aver ricevuto una soffiata, ha teso una trappola a Marrazzo con la speranza di ricattarlo. Hanno anche fatto girare il video presso alcune riviste scandalistiche di Milano, prima tra tutte Chi di proprietà di Berlusconi; l’editore della rivista ne ha informato i proprietari del giornale e di conseguenza Berlusconi è venuto a conoscenza del video.

Lo scandalo è scoppiato, opportunamente, quando poteva creare tra il pubblico la maggior distrazione possibile dai guai di Berlusconi. Le frequentazioni di prostitute da parte di Berlusconi apparivano come un buon vecchio divertimento, paragonate ai rapporti con transessuali del politico dell’opposizione. Ci sono voci secondo cui le stesse riviste scandalistiche avrebbero del materiale compromettente su molti politici, che viene utilizzato per tenerli buoni.
Esercitando il controllo sulla polizia, sui servizi segreti, sulla stampa scandalistica e sui principali sei canali TV, Berlusconi è in grado di fare e disfare scandali a piacimento.

Mentre la maggior parte dell’attenzione pubblica si concentrava, naturalmente, sugli stuzzicanti dettagli della vita sessuale di Berlusconi, per certi versi gli aspetti più gravi dello scandalo non ricevevano quasi attenzione.
Giampaolo Tarantini, l’uomo che aveva pagato la D’Addario e molte altre donne perché partecipassero alle feste di Berlusconi, era a capo di una azienda di forniture ospedaliere in Puglia che cercava chiaramente di ingraziarsi il Presidente del Consiglio allo scopo di assicurarsi appalti governativi. Tarantini ha affittato una villa enorme pagando circa 70.000 euro al mese proprio accanto al palazzo del piacere di Berlusconi in Sardegna e ha organizzato una serie di feste piene di belle ragazze che fungevano da trappola per le mosche attirando Berlusconi ed altri pezzi grossi di cui aveva bisogno.

In Puglia e in Sardegna, gli inquirenti hanno ricostruito una squallida rete di clientelismo politico, prostituzione e cocaina, ma hanno fatto poco per quanto riguarda l’avvio del procedimento giudiziario.
Paolo Guzzanti, un critico ex-sostenitore ed ex-impiegato di Berlusconi, scrive che l’Italia, piuttosto che essere una videocrazia, è diventata una “mignottocrazia” – in cui centinaia di migliaia di persone, uomini e donne, fanno dei servizi per i potenti, alcuni in cambio di denaro, altri in cambio di posti di lavoro, contratti e privilegi.

L’idea di una mignottocrazia ha guadagnato una notevole credibilità nelle ultime settimane con il delinearsi di un nuovo grande scandalo. Gli inquirenti di Firenze hanno arrestato e incriminato dozzine di appaltatori e ufficiali governativi che lavoravano presso il Dipartimento per la Protezione Civile del governo Berlusconi, l’equivalente italiano dell’americana Federal Emergency Management Agency. Berlusconi ha indicato questa agenzia come l’esempio più brillante della propria politica di un governo “del fare” invece di uno di sole chiacchiere.
A Guido Bertolaso, capo del dipartimento, è stato attribuito il “miracolo” di aver tolto la spazzatura dalle strade di Napoli, di avere affrontato il terremoto in Abruzzo della scorsa estate e di aver gestito altri progetti nel settore dei lavori pubblici.

In effetti, se le accuse sono corrette, il dipartimento di Bertolaso è una brutta matassa di clientele, sprechi, corruzione e anche prostituzione. Si presume che uno degli appaltatori favoriti abbia organizzato una festa privata per Bertolaso con la partecipazione di prostitute. Bertolaso insiste affermando di avere ricevuto soltanto “massaggi terapeutici”, ma deve ancora spiegare perché sono stati distribuiti dei preservativi durante la festa.
Si è scoperto che le spese di Giampiero Tarantini – colui che aveva pagato Patrizia D’Addario e le altre accompagnatrici a pagamento destinate a Berlusconi – non sono state inutili: sembra che lui e i suoi soci abbiano beneficiato illegalmente dell’agenzia per il lavori pubblici gestita da Bertolaso grazie alla presentazione fatta da Berlusconi

Un anno dopo il terremoto, la città de L’Aquila, capoluogo dell’Abruzzo ed epicentro del disastro, appare come una città fantasma in cui i lavori per la ricostruzione non sono ancora iniziati. Il centro città è stato transennato come un cantiere e le videocamere della televisione sono state tenute fuori finché un gruppo di cittadini arrabbiati ha sfondato un cordone della polizia cercando di capire che fine avessero fatto le loro case. Sono rimasti esterrefatti vedendo che tutto era rimasto esattamente come l’avevano lasciato il giorno della scossa. Nel frattempo, la televisione pubblica controllata da Berlusconi mandava in onda un servizio sul “miracolo” degli sforzi per la ricostruzione dell’Abruzzo
L’ultima serie di scandali aiutano a chiarire perché l’Italia berlusconiana sia sprofondata nella mediocrità.

L’Italia è ultima in assoluto per quanto riguarda la crescita del Prodotto Interno Lordo pro capite tra tutti e 30 i Paesi appartenenti all’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), un indicatore chiave della produttività e della ricchezza. In media, le nazioni OCSE hanno avuto un tasso di crescita annuale del 2,6% tra il 1994 (il primo anno che ha visto Berlusconi al potere) e il 2007, mentre l’Italia ha avuto una crescita annuale inferiore al 1,5%. Secondo Tito Boeri, se gli italiani non sono in rivolta è dovuto in parte al fatto che la recessione non ha scatenato una serie di fallimenti bancari, pignoramenti immobiliari e neppure una crisi del debito su scala nazionale come invece è avvenuto in Grecia. Tito Boeri è professore presso la Bocconi di Milano, la principale università nel campo dell’economia e gli affari, nonché editore de La Voce, un importante sito web che tratta di notizie e analisi economiche. “Ma se guardate al PIL e il reddito pro capite”, ha dichiarato:

"l’Italia sta peggio degli altri paesi industrializzati, peggio della Germania, degli Stati Uniti, della Gran Bretagna e molto peggio della Francia, che ha un’economia simile. Stava male prima, da quando è cominciato il suo declino storico, e sta ancora peggio da quando è cominciata la recessione. Gli effetti della recessione sono stati più sopportabili perché i licenziamenti hanno colpito soprattutto i lavoratori giovani, molti dei quali vivono ancora coi genitori; la famiglia italiana ha ridotto l’impatto della flessione economica".

L’Italia ha fatto poco o nulla per preparasi al futuro. La Spagna ha incrementato la popolazione universitaria di 7 volte da quando è tornata la democrazia nella metà degli anni ‘70 e ora quasi il 29% della sua popolazione adulta possiede un titolo universitario, mentre l’Italia si trascina in coda con solo il 12,9%. La norma nella OCSE è del 26%. L’Italia investe meno della metà della media OCSE nella ricerca. Invece, una delle caratteristiche principali del programma economico di Berlusconi è stato il cosiddetto scudo fiscale che ha permesso a coloro che avevano nascosto dei patrimoni all’estero di riportarli in Italia pagando soltanto 5 centesimi per ogni dollaro – una pacchia per gli evasori fiscali e riciclatori di denaro sporco. Questo tipo di capitalismo corrotto non tirerà fuori l’Italia dai propri guai economici. Inoltre, l’Italia occupa l’84° posto su 128 nella classifica sulla parità tra i generi stilata dal World Economic Forum del 2007, ben più in basso di Paesi come Uganda, Bolivia e Kenya. Il sessismo dei media di proprietà di Berlusconi e della sua condotta privata permea la società nel suo insieme. Si tratta di un problema non solo morale, ma anche economico poiché la partecipazione femminile nella forza lavoro è un fattore importante nella crescita economica.

Berlusconi ha avuto un grande successo anche nel mantenere l’informazione sulla recessione fuori dai notiziari. Attacca i mezzi di comunicazione “disfattisti” che hanno fornito informazioni, accusandoli di aver favorito la crisi diffondendo allarmismi tra i consumatori italiani. La presa di Berlusconi sulla stampa e la televisione non ha precedenti in una grande democrazia. Una buona parte della sua carriera è stato dedicata al concetto che contano solo le apparenze e non la realtà. “Non ti rendi conto che se qualcosa – un’idea, un politico oppure un prodotto – non si vede in TV, non esiste?” Così ha spiegato Berlusconi a uno dei suoi più stretti collaboratori. Restando sempre popolare nonostante la propria incompetenza, la corruzione e il declino nazionale, ha dimostrato che c’è molto di vero in questa opinione.

Il lungo mandato di Berlusconi in Italia è anche, naturalmente, un testamento dello stato precario dell’opposizione nel Paese, totalmente divisa e priva di idee. Il Partito Democratico – il maggior partito d’opposizione – ha scelto di non partecipare al “No Berlusconi Day” a dicembre, perdendo l’occasione di rivolgersi a 350.000 potenziali elettori e di sfruttare un movimento di protesta in crescita su Internet. Il nuovo leader del partito, Pier Luigi Bersani, è un politico intelligente ma alquanto tradizionale, con radici nel vecchio PCI. Sembra diffidente nei confronti dei movimenti di protesta resisi indipendenti dalla politica tradizionale. I partiti all’opposizione sono avidi di un paio di minuti in prima serata, inseguendo Berlusconi su un territorio in cui questi vincerà sempre, invece di usare i nuovi media che sfuggono al controllo di Berlusconi e grazie ai quali potrebbero sviluppare nuove forme di comunicazione politica e di organizzazione.

Ma mentre è possibile manipolare gli scandali sessuali oppure respingere dei procedimenti penali ben documentati come se facessero parte di una caccia politica alle streghe, è più difficile convincere gli elettori comuni che stanno bene quando in realtà non è così. Molti italiani fanno fatica ad arrivare a fine mese e, secondo alcuni sondaggi, hanno la sensazione che tutto non sia come sembra. Finora non è emerso alcun oppositore promettente in grado di sfidare Berlusconi; ma mentre l’economia continuerà a stagnare, la realtà lentamente potrebbe tornare alla ribalta. O forse l’Italia continuerà ad essere incantata dal reality show creato da Berlusconi.

Fonte: ItaliaDallEstero.info