

Ormai la maggior delle notizie che ci giungono dall'inferno bellico dell'Afghanistan sono un bollettino quasi settimanale di attentati e bombe. L'ultimo di questi giorni ha visto come vittima un italiano,Pietro Antonio Colazzo,il numero due dell’Aise, l’Agenzia informazioni e sicurezza esterna, in Afghanistan, in queste settimane di fatto il capo dei nostri servizi segreti nel Paese, perché il responsabile non è a Kabul.Con Colazzo salgono a 22 le vittime italiane in Afghanistan.Ogni volta che muore un nostro concittadino, ma non solo, bisognerebbe domandarsi quali sono le serie e reali motivazioni che ci "costringono" a continuare quella che sta diventando sempre meno una 'missione di pace'. Nel rispondere a questa domanda mi sono fatto aiutare da uno dei tanti articoli di MASSIMO FINI che ha scritto su questo tema. Leggete e meditiamo.

"Impossibile ormai portare democrazia in afghanistan.Si resta per l'unità della NATO"
Gli americani manderanno altri 30mila soldati in Afghanistan. Agli alleati europei ne sono stati richiesti 5.000. L’Italia, "usa a servir tacendo",ne ha promessi 500. Già queste cifre, che vanno sommate agli 80mila uomini attualmente in Afghanistan, dicono che c’è qualcosa che non quadra. Che ci sia bisogno di un esercito di 120-130 mila soldati, armati con i mezzi più sofisticati, per battere quello che dovrebbe essere un manipolo di terroristi non è credibile. E infatti in Afghanistan noi non stiamo facendo la guerra alla mitica Al Quaeda (che secondo il pm Armando Spataro, che da anni si occupa di terrorismo internazionale, non esiste più come organizzazione), stiamo facendo la guerra agli afgani. Nè vi stiamo portando la democrazia, obiettivo cui ormai abbiamo rinunciato da tempo, perché la struttura sociale di quel Paese organizzato in clan tribali secondo divisioni etniche, non permette l’esistenza di una democrazia come la si intende in Occidente.


Questa la questione afgana vista con i nostri occhi. Ma cerchiamo di vederla anche, per una volta, con quelli afgani. L’occupazione occidentale è stata molto più devastante di quella sovietica. Perché i russi si limitarono ad occupare quel Paese ma non pretesero di cambiarne le strutture sociali, istituzionali, di "conquistare i cuori e le menti" degli afgani. Noi invece, con la tremenda e sanguinaria presunzione delle "buone intenzioni", abbiamo preteso di portarvi la "civiltà". La nostra. Distruggendo quella altrui. Ha detto Ashraf Ghani, il più occidentalizzante dei candidati alle recenti elezioni: "Nel 2001 eravamo poveri, ma avevamo la nostra moralità. I miliardi di dollari che hanno inondato il Paese ci hanno tolto l’integrità, la fiducia l’uno nell’altro". In realtà la sola cosa che siamo riusciti a esportare in Afghanistan è il nostro marciume morale. FONTE: Il GAZZETTINO del 27/11/2009.
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