venerdì 19 febbraio 2010

BATTESIMI FORZATI



Un tassello cruciale per comprendere i rapporti tra la Chiesa Cattolica e gli ebrei nel corso della storia è senza dubbio lo studio del fenomeno dei “battesimi forzati” di ebrei per tutta l’età moderna, dal Cinquecento all’Ottocento. Un fenomeno finora poco conosciuto e studiato.

Marina Caffiero, docente di storia moderna all’Università di Roma “La Sapienza”, ha ricostruito questo fenomeno nella sua complessa fisionomia, facendone un’ampia e minuziosa trattazione nel volume "BATTESIMI FORZATI. STORIE DI EBREI, CRISTIANI E CONVERTITI NELLA ROMA DEI PAPI" (Viella 2004). Il testo analizza la problematica con particolare riguardo alla città di Roma, fondandosi su una ricchissima documentazione del tutto inedita, tratta in gran parte dall’archivio del Sant’Uffizio, recentemente aperto alla consultazione.

I cosiddetti ‘battesimi forzati’ sono tutti quegli episodi di amministrazione del sacramento, caratterizzati dal non essere frutto di libera scelta da parte del battezzando, ma dall'essere dei veri e propri espedienti costrittivi e ricattatori, messi in atto dalle autorità ecclesiastiche nell’ambito della politica conversionistica della Controriforma. I più utilizzati erano tre: battesimi clandestini di bambini senza l’assenso dei genitori; l’offerta che i neofiti facevano alla Chiesa di parenti che in nessun caso avevano intenzione di convertirsi; la denuncia, sempre ad opera di neofiti, di ebrei che avrebbero mostrato l’intenzione di convertirsi ma che non avevano poi dato seguito alla cosa.

Particolarmente rilevante, e carica di conseguenze per il futuro, fu la minuta decretazione emanata nel Settecento da papa Benedetto XIV. Egli introdusse un nuovo criterio, quello del favor fidei, aprendo le porte ad una caccia indiscriminata e senza posa, soprattutto di donne e bambini.

Il favor fidei, non solo scavalcava la tradizione che, in particolare con S. Tommaso, vietava il battesimo invitis parentibus, ma soprattutto lo faceva con un atto di ascrizione al giudizio insindacabile della Chiesa di ogni decisione in merito. In sostanza si dichiarava prevalente su ogni altra autorità o fonte di diritto il criterio del vantaggio per la "vera" religione di accogliere ogni nuova conversione, anche ottenuta in maniera forzata, quando non in modo coercitivo. Con una simile tesi, la casistica sarebbe divenuta sempre più sterminata, e ogni pretesto, anche il più insensato o illegale, utile per procacciarsi nuove anime. Il tutto accompagnato dallo strascico di dolorose vicende umane: famiglie distrutte, figli perduti, comunità scardinate dalla paura, dal sospetto e dal desiderio di vendetta. Gli atti coercitivi non furono niente affatto episodici: se ne contano 1197 a Roma dal 1614 al 1797. Esempi: bimbi di tre anni a cui viene attribuita l’età della ragione; neofiti che offrono alla Chiesa la ragazza ebrea di cui sono innamorati; sorelle offerte dai fratelli; nonne che offrono nipoti (viva la madre ebrea); bimbi offerti dalla prozia o dal cugino del padre; e via via, fino all’offerta del feto nonostante la contrarietà della madre. Particolarmente drammatica fu la vicenda di Ercole ed Ester de Servis, i cui figli, non appena concepiti, furono offerti alla fede cattolica dal nonno paterno: persi in questo modo cinque figli e in attesa del sesto, i coniugi fuggirono da Roma inseguiti dalla polizia papalina.

E' da sottolineare però il fatto che sia i rabbini che i singoli individui utilizzarono con grande tenacia tutti i mezzi giuridici e politici a loro disposizione per contrastare queste pratiche oppressive e conservare la propria identità religiosa e sociale. L’ambientazione ricorrente nella maggior parte dei casi è data dalla Casa dei Catecumeni di Roma, mantenuta a spese degli stessi ebrei, dove venivano portati (spesso con la forza) i potenziali convertiti per essere istruiti nella dottrina cattolica, e da cui ben pochi fortunati ebbero la possibilità di far ritorno al Ghetto.
Il libro della Caffiero ha anche il merito di confutare il vecchio stereotipo secondo il quale, nella vicenda dei rapporti con gli ebrei, il mondo cattolico sarebbe stato caratterizzato da due diversi atteggiamenti, rispecchianti due “anime”: una popolare, persecutrice e intollerante; l’altra invece, identificata con il papa e le gerarchie ecclesiastiche, tollerante e benevola. Un testo infine che contribuisce a comprendere le radici storiche dell’antisemitismo politico otto-novecentesco e solleva questioni cruciali per la storia europea, quali quelle relative ai problemi politici e ideologici innescati dalla convivenza tra religioni diverse o al ruolo svolto dalle autorità e dai tribunali ecclesiastici.

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